Lo Yoga della risata
Brevi considerazioni di un partecipante
E' recentemente terminata una serie di incontri - attivati e finanziati dall' A.M.A. di Ferrara e gestiti da Succi Leonelli Cinzia, Remo Grullero e Fernanda Iaria - del Corso dello "Yoga della Risata", articolato su un triplice aspetto: l'estroversa "risata", la respirazione e la più intima "introspezione".
Per chi non ne conoscesse il contenuto e le finalità, il Corso potrebbe apparire quasi una contraddizione in termini. Invece, alla sua conclusione, esso si è rivelato tra i più efficaci ed interessanti della serie attivata dall'A.M.A. ove si consideri che, fin dalle prime sedute, si è manifestato con una forza ed una efficacia assolutamente inaspettata rispetto alla rassegnazione psicologica dei partecipanti, fino ad allora essi stessi vittime dei problemi dei loro malati.
A fronte dei disperati e disperanti "mantra" dei "Mai più! Mai più!" legati al generale desiderio di rientrare nella propria "casa" reale o immaginaria ("Portami a casa! Portami a casa!") nell'illusorio miraggio di ritrovarvi un rassicurante asilo a sollievo alle proprie angoscie e speranze deluse ma non sopite, rimangono ben poche alternative in grado di alleviare le crudeli conseguenze del morbo di Alzheimer.
Tra queste si pone lo "Yoga della Risata" in modo veramente concreto e tangibile, pur nella apparente contraddizione del riuscire a ridere nonostante le sofferenze per le proprie pene.
Va prealtro chiarito che la risata, quale fenomeno naturale, non postula necessariamente
come propria fonte originaria la comicità o la commedia . Nella fattispecie il cennato pluralismo è costituito oltre che dalla "risata" (come manifestazione esterna ed estroversa) e dalla respirazione, da una profonda ed intima introspezione del proprio "io".
E' di comune esperienza che la risata prende consistenza e si diffonde più facilmente in gruppo, a contatto visivo con altri soggetti e con esercizi appositamente studiati, rivolti in particolare ad una appropriata respirazione profonda e diaframmatica per favorire un maggiore apporto di ossigeno al cervello ed al corpo: trattasi di sofisticate tecniche applicative la cui origine risale a millennarie pratiche carismatiche.
Un primo scopo da raggiungere è lo sviluppo del sentimento di giocosità, tipica dell'infanzia, finalizzata a far cadere le ancestrali inibizioni che frenano l'ulteriore sviluppo di apertura e disponibilità verso altri soggetti.
L'importanza degli esercizi emerge quando questi, combinandosi con appropriate dinamiche di gruppo, portano ad una risata incondizionata, prolungata e sostenuta, intervallati con altri esercizi di respirazione, con indubbi ed evidenti benefici fisiologici.
Ciò si concretizza in una vera e propria ginnastica - peraltro solo apparentemente semplice ma estremamente artcolata nelle sue estrinsecazioni - del corpo e, alternativamente, di alcune sue parti (mani, piedi, braccia, muscoli del viso ecc.) che iniziano con appropriati esercizi di riscaldamento, con vocalizzazioni (ho-ho, ha-ha-ha, ok! ecc.), con battute ritmate delle mani, con movimenti delle braccia e del corpo sotto la indispensabile guida partecipativa di maestri esperti.
Da oltre quattromila anni l'antica scienza indiana ritiene che la respirazione abbia un effetto immediato e potente sulla fisiologia, tanto da influenzarne il corpo, la mente e le emozioni. Infatti respirare bene è fondamentale perché consente una migliore ossigenazione del cervello con conseguenti benefici comportamentali. E’ noto che noi generalmente respiriamo con il torace e non con il diaframma. Invece la fase di inspirazione (della durata di circa 5 secondi) dovrebbe essere eseguita dal muscolo del diaframma mentre la espirazione (per circa 7 secondi) dovrebbe avvenire lentamente in maniera passiva.
Nè va sottovalutato l'apporto del "mantra", strumento sanscrito, inteso come veicolo del pensiero o del pensare, cioè come espressione sacra indirizzata ad una formula mistica o magica, ad una preghiera, ad un canto sacro o ad una pratica meditativa e religiosa, che trova le sue varie origini nel brahanesimo, nel buddismo, nell'induismo ecc. Può essere recitato ad alta voce, sussurrato o anche solo enunciato mentalmente nel silenzio della meditazione e ripetuto più volte.
La sessione Yoga della Risata terminava infatti con una meditazione introspettiva e conseguente rilassamento interiore accompagnato dalla concentrazione su un oggetto che poteva essere di volta in volta una parte del nostro corpo (gambe, braccia, mani ecc.), fatta ad occhi chiusi e luci abbassate, con momenti veramente suggestivi nello scoprire le potenzialità e gli aspetti più intimi e fino ad allora sconosciuti del proprio "io". Col risultato veramente esaltante di cambiare radicalmente atteggiamento nei confronti non solo della propria persona e del proprio corpo ma anche dei singoli organi di cui siamo composti e che, improvvisamente, ci sentiamo di amare e rispettare.
Altra scoperta gradevolmente sconvolgente è stato il mutato rapporto con gli altri componenti del gruppo: persone mai precedentemente conosciute o frequentate diventano, con estrema naturalezza e disponibilità, fidati e cordiali amici con cui eventualmente intraprendere un nuovo percorso di vita.
In buona sostanza, la risata si sviluppa facilmente in gruppo quando si combinano insieme il contatto visivo e la giocosità tipica dell'infanzia attraverso appropriati esercizi studiati per stimolare il gioco e guidare ad una corretta respirazione, essenza della vita.
Su questa solo apparente dicotomia di un inscindibile "unicum" ed integrando la pur sempre fondamentale ma astratta logica aristotelica, si è innestato il kantiano imperativo categorico - peraltro mutuato dalla dottrina cristiana - che concilia le esigenze e le pretese di una logica teoretica puramente astratta e conseguentemente poco umana, con una individualità insostituibile nel dispiegarsi e nel vivere una fattiva ed esistenziale quotidianità. Cioè nel comune e banale, finchè si vuole, vivere la vita nella sua esistenzialità nel bene e nel male, ma con tutte le connaturate attese e passioni umane: principio talora disatteso dalla paludata scienza accademica che, nella spasmodica ricerca di originalità del pensiero teoretico, troppo spesso trascura e perde di vista il valore umano dell' "io cosciente" nella singola individualità.
Malgrado ciò, l'accademico universo della logica teoretica, seppure a sè stante e ben definito nell'empireo della sua specularità, riesce ad integrarsi nella esistenziale quotidianità attraverso il veicolo della introspezione - il "conosci te stesso" di socratica memoria - che diventa in tal modo il punto d'incontro e di sintesi tra la realtà individuale e l'astratta logica teoretica.
Grazie al determinante apporto del plurimillenario pensiero orientale, si chiude così il tormentato cerchio speculativo tra il “mantra” indiano e la palingenesi post-hegeliana e gentiliana dell’”antropomorfismo universale” - filtrate dall’assioma socratico del “conosci te stesso”.
Infine un cordiale e particolare ringraziamento va rivolto a Cinzia, a Remo ed a Fernanda per quanto ci hanno donato durante il Corso da essi mirabilmente condotto.
Grazie ancora
Giuseppe